Oggi mi è stato fatto notare, che non si dovrebbero
attribuire nomi di persona agli animali.
Strana obiezione.
I nomi… i nomi non fanno le persone.
Allora , per contro, nessuno dovrebbe più chiamarsi Jack dal
momento che è esistito “Jack lo squartatore”, nemmeno un cane.
Gli esseri umani sono già abbastanza bravi da soli ad
intaccare la propria dignità; non credo che l’attribuzione di un nome possa
togliere dignità a chicchessia.
Dal mio punto di vista credo che il rischio sia più evidente
se si rovescia il ragionamento, anche perché sono i comportamenti aberranti di
certi esseri umani a togliere dignità agli animali domestici, i quali si
affezionano con molta semplicità e non sono in grado di difendersi.
Vi racconto una storia vera.
In India utilizzano gli elefanti come bestie da lavoro. Ne
hanno cura solo in funzione di ciò che possono rendere. Li tengono incatenati e
viene loro insegnato ad ubbidire: l’addestramento prevede duri maltrattamenti.
Gli elefanti sono animali estremamente intelligenti ed è
vero che sono dotati di grande memoria, infatti sono capaci di ricordarsi di
qualcuno che ha fatto loro del male anche dopo anni. Come pochi altri mammiferi
(delfini e primati) sono in grado di elaborare un pensiero creativo (cosa che
alcuni esseri umani non sono in grado di fare).
Un giorno lungo una strada di non so quale posto sperduto in
India, stavano piantando dei grossi pali.
Gli elefanti li sollevavano e con un
singolo movimento della proboscide li andavano a collocare nella buca profonda
che era stata scavata dagli operai. Alcuni uomini erano espressamente addetti a
far procedere gli animali lungo il
ciglio della strada, e si preoccupavano
di far mantenere loro un ritmo costante e serrato. Ad un certo punto un
pachiderma si fermò , il palo stretto nella proboscide, sospeso sopra la buca.
Il suo padrone lo incitò senza risultato. L’animale non ne voleva sapere di
continuare il suo lavoro. La sua ostinata disobbedienza rese feroce l’uomo che cominciò
a picchiarlo con forza. Nulla da fare. L’animale soffriva sotto le percosse, ma
non si muoveva. Poi qualcuno si accorse che nella buca c’era un cane che
dormiva, forse svenuto. Tirarono fuori il cane e il povero elefante piantò il
suo palo.
No comment!
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